martedì 6 marzo 2018

Riparare è meglio che comprare: ecco i vantaggi di un’abitudine da riscoprire

     Facciamo inavvertitamente cadere a terra il posacenere di ceramica, che facciamo? Raccogliamo i pezzi e lo gettiamo, comprandone un altro. Al mouse non funziona più la rotellina che fa scorrere le pagine, che facciamo? Lo buttiamo e ne compriamo un altro. Allo smartphone non funziona più la porta USB per l’alimentatore, che facciamo? Ci convinciamo che aggiustarlo non conviene e compriamo un nuovo smartphone.

     Quello di comprare (e ricomprare) compulsivamente è ormai uno schema comportamentale che si attiva di riflesso, senza nemmeno pensare, una specie di pilota automatico: oggi ci viene facilissimo pensare che una cosa possa essere ricomprata data la facile reperibilità dei prodotti e il loro prezzo accessibile.

     Ma questo modo di agire è giusto? O meglio: è sostenibile? La risposta è no.
     Quello del consumo compulsivo di massa, cioè spingere le persone a comprare più possibile, è l’obiettivo principale del modello economico che vige attualmente nel mondo: le aziende vogliono che noi compriamo sempre di più, che impariamo a dare per scontate le cose che abbiamo e a non tenercele strette.

     Il problema è che quando la gente si dà all’acquisto compulsivo ci guadagnano solo i proprietari delle aziende che producono i beni che acquistiamo. Ma dall’altra parte accadono tre cose non tanto positive:
  • in primis le aziende, per guadagnare sempre di più, non si fanno scrupolo a sfruttare con condizioni di lavoro al limite dello schiavismo le popolazioni dei paesi in via di sviluppo, con paghe bastanti appena a garantirne la mera sopravvivenza, senza rispetto dei diritti come la sicurezza sul lavoro, il giorno di pausa ecc;
  • inoltre queste aziende inquinano e distruggono l’ecosistema da cui estraggono le materie prime o nel quale fanno avvenire i processi produttivi, spesso in palese violazione delle leggi ambientali;

  • infine, da molti decenni, le aziende hanno ormai imparato che per massimizzare i loro guadagni devono produrre beni fatti apposta per durare poco, in modo che si rovinino o si rompano presto, così che la gente ne acquisti di nuovi, che a loro volta saranno progettati per durare poco: questo strategia, detta obsolescenza programmata (cioè invecchiamento voluto), fa sì che aumenti a dismisura il numero di rifiuti che noi produciamo e, si sa, i rifiuti inquinano l’ambiente, ovvero il luogo dove viviamo e che ci dà l’aria che respiriamo e il cibo che mangiamo.


     In pratica, nella nostra epoca comprare è un’azione che facciamo poco responsabilmente, perché il modo in cui lo facciamo permette a queste aziende di continuare a sfruttare lavoratori poveri e a uccidere l’ambiente.
     Dovremmo quindi usare maggiore razionalità quando acquistiamo gli oggetti, stando attenti a far loro avere la vita più lunga possibile.

     Ma come si fa a massimizzare la vita di un oggetto comprato?
     Uno dei modi più facili ci viene dalla saggezza dei nostri nonni e dei nostri antenati, che sono vissuti in un’epoca in cui procurarsi certi beni non era così facile come oggi e quindi bisognava stare attenti a come li si trattava: la riparazione.

     Aggiustare un oggetto è un valore che stiamo perdendo, non veniamo educati a farlo e a considerarlo una cosa buona. Anzi, in una società come la nostra, così basata sul possesso e che identifica il valore di una persona in base al denaro che si può permettere di spendere, riparare finisce perfino per essere motivo di onta.
     In realtà è una delle azioni più intelligenti che si possano fare, anche perché spesso un oggetto viene gettato via per una ragione poco grave e per difetti che potrebbero essere facilmente riparati.


     Riparare, aggiustare, accomodare le cose è conveniente almeno sotto due aspetti: fa bene al nostro portafogli perché ci fa risparmiare denaro che useremmo per comprare oggetti nuovi; fa bene all’ambiente perché riduce i rifiuti che produciamo quando gettiamo via le cose che potrebbero essere usate ancora.

     La cosa curiosa è che in altri contesti non diamo le cose così per scontate e anzi abbiamo tutto l’interesse ad ottimizzare la spesa, provando a non sprecarne nemmeno una parte.
     Ecco un esempio ipotetico: poniamo di aver vinto un buono spesa di 1000 euro per l’acquisto di un certo numero di oggetti, per esempio vestiti, libri, cibo da scegliere liberamente all’interno di un negozio. Come sceglieremmo i prodotti da portarci a casa? Sicuramente cercheremo di ottimizzare prendendo i prodotti migliori che, col loro valore, possano riempire il buono spesa al massimo, provando a non sprecarne nulla. Proveremmo, come detto, ad ottimizzare la spesa.


     Perché allora non lo facciamo anche quando compriamo in generale, dando invece per scontate le spese che facciamo per la maggior parte degli oggetti che acquistiamo? Perché nel caso del buono da 1000 euro sentiamo che, se non compriamo bene, perderemmo qualcosa di importantese non spendo bene, perdo ben 1000 euro!»), mentre nel quotidiano la nostra percezione è diversa, perché non riteniamo altrettanto importante il rischio di sprecare 700 euro per uno smartphone o 50 euro per un paio di scarpe, né riteniamo importante il fatto di contribuire a produrre inutilmente rifiuti, di inquinare l’ambiente in cui noi stessi viviamo, di alimentare un meccanismo economico aggressivo e non rispettoso dei diritti umani. Eppure anche quello ci riguarda, anche in quel momento stiamo permettendo uno spreco.

     È proprio da questa distorsione che dobbiamo guarire: ci servono nuovi occhi con cui approcciarci al consumo e per diventare consumatori intelligenti dobbiamo sapere quali sono le conseguenze dell'atto di comprare, soprattutto del comprare in modo indiscriminato.


     Ok, ora che avete capito l’importanza di allungare la vita dei nostri oggetti potrebbe sorgere la domanda: come faccio a riparare?
     Ebbene, la maggior parte delle volte possiamo riparare noi stessi gli oggetti, senza nemmeno dover pagare un tecnico. Basta avere le istruzioni giuste. E si dà il caso che oggi il mondo di internet sia pieno zeppo di tutorial che spiegano come si faccia.
     In questo articolo vogliamo suggerirvi una prima valida fonte: si chiama iFixit ed è un sito che raccoglie un gran numero di tutorial per la riparazione e lo smontaggio di oggetti fai da te.
     Nella sezione chiamata Guide di riparazione è possibile accedere a una vasta gamma di categorie di oggetti di cui si desidera ricevere le istruzioni sullo smontaggio e la riparazione/sostituzione di parti. Queste guide hanno tanto di foto e consentono spesso di cercare perfino il modello specifico di un oggetto.
     Esploratelo, troverete sicuramente informazioni interessanti.

     I giapponesi hanno da tempo ben chiara la lezione sul riparare e hanno sviluppato una bellissima abitudine quando un oggetto si rompe: lo riparano usando polvere d’oro, d’argento o di rame. Essi lo chiamano kintsugi.
     I pezzi di una ciotola frantumata, ad esempio, vengono reincollati e tenuti assieme da queste polveri di materiale prezioso, che appaiono come delle belle venature che conferiscono all’oggetto un’identità diversa, abbellendolo, impreziosendolo e rendendolo unico, diverso da tutti gli altri. La morale di tutto ciò è che perfino da un ammasso di cocci si può ricavare una piccola opera d’arte.


di Aniello Calabrese