venerdì 9 febbraio 2018

Tutta n’ata lunga e bellissima Storia


Sono passati quindici anni da quando un gruppo di persone, accomunate dalla voglia di lottare in difesa del territorio, misero insieme le forze per dar vita alla Bottega di Commercio Equo e Consumo Critico “Tutta n’ata Storia” a Nocera Inferiore, in provincia di Salerno. Tra loro Ciro Annunziata, scomparso un anno fa, che con le sue analisi e i suoi scritti apriva le menti a nuove sfide e traguardi da raggiungere. Insieme agli altri attivisti, è riuscito a far confluire nell’esperienza della Bottega le tematiche della finanza etica, della mobilità sostenibile, dei beni comuni, della lotta alla cementificazione e al consumo di suolo. Sognava una comunità di persone che condividessero spazi e saperi. E l’eredità che ci lascia è fatta di reti sociali e voglia di agire.

Era il 2001 – l’anno del G8 di Genova e della guerra in Afghanistan – quando ci fu il primo incontro tra Ciro e gli altri attivisti, poi diventati fondatori della bottega. In quel periodo, Ciro militava nel Comitato Antibarriera. Il Comitato voleva impedire la costruzione di un casello autostradale della linea A3 Napoli-Salerno all’altezza di Nocera Inferiore. Questo casello era un mostro dal punto di vista dell’impatto ambientale. Si sarebbe trovato in prossimità della città, sprigionando valori di benzene altissimi. E si sarebbe costruito a ridosso di una montagna fragilissima che, di fatto, avrebbe provocato morti con le sue frane. Ma, al di là di tutto questo, per Ciro era soprattutto una lotta contro la privatizzazione dei Comuni, contro una multinazionale (Benetton, che controlla Autostrade per l’Italia, maggiore azionista di Autostrade Meridionali) che usava soldi pubblici per creare un’opera più funzionale al pedaggio e che avrebbe devastato il territorio.


Il lavoro del Comitato, sebbene poi non riuscì ad impedire la costruzione della barriera, ebbe il merito di diffondere valori sul territorio che fino a quel momento erano sconosciuti, quali la partecipazione dal basso alle scelte politiche, la connessione tra gestione privatistica e beni comuni. Tutti valori poi confluiti nella bottega, aperta nel 2002 come centro di raccolta quotidiano delle istanze della collettività, nata grazie all’autofinanziamento di circa venti persone e basata sull’autogestione, senza nessun contributo pubblico o sponsorizzazione politica. Divenne luogo di incontro tra tante persone che, acquistando prodotti del Commercio Equo e Solidale, si interrogavano sulle tematiche della giustizia sociale e degli squilibri tra Nord e Sud del Mondo, azionando in tal modo il fermento politico tanto caro a Ciro.

Il Commercio Equo fu considerato come uno dei pochi strumenti pratici capaci di combattere un’economia di ingiustizia. Incanalava principi di partecipazione dal basso, grazie ad una filiera ben costruita e auto-organizzata in cui contadini, piccoli artigiani e cooperative si erano messi in rete, a partire dagli anni ’60, per creare una valida alternativa al commercio mondiale fondato sullo sfruttamento e l’ineguaglianza. La Bottega, come spazio di scambio quotidiano, si propose di “educare” le persone alla consapevolezza e al consumo critico, con l’obiettivo di mostrare il nesso tra l’acquisto e il riconoscimento dei diritti ai lavoratori, tra il consumo quotidiano di certi prodotti e l’impatto ecologico degli stessi, concetti all’epoca ancora poco diffusi in Italia. Da subito la Bottega collegò i principi del Commercio Equo all’Economia Locale, continuando l’esperienza del Comitato Antibarriera che, soprattutto grazie alla capacità di Ciro di far convergere varie battaglie, aveva già mostrato interesse e sensibilità verso i Gruppi di Acquisto Solidale. Così come continuarono le iniziative per la mobilità sostenibile, come le Critical Mass.


Gli attivisti della Bottega ricordano con un sorriso le perplessità di Ciro circa la prima Critical Mass in Italia: «C’è sempre stata questa querelle se in Italia la prima Critical Mass fosse stata fatta a Pisa o a Milano. Ciro diceva che molto probabilmente loro la facevano ancora prima. Il primo evento fu organizzato nel ‘96-97, pedalavano in mezzo al traffico indossando magliette con su scritto “lasciateci respirare”, definendo l’iniziativa proprio “Critical Mass”». I primi anni furono anche il periodo del “media-attivismo”. Con la collaborazione di radio indipendenti, periodicamente in Bottega si trasmettevano programmi di informazione sulle tematiche territoriali e globali. Vi trovavano spazio anche le lotte nazionali, come quella dei No-Tav, con collegamenti in diretta e interviste agli attivisti del presidio.

La Bottega ha fatto proprie anche le battaglie sui rifiuti e contro la privatizzazione dell’acqua: «Ciro ha portato la rete Rifiuti Zero a Nocera, ha abbracciato la visione di Paul Connett, con cui facemmo un incontro nel 2004, fondatore della strategia “Rifiuti Zero”. Le persone all’epoca non ci credevano. Era una visione troppo ampia. Nonostante ciò, siamo riusciti a costituire una rete e due anni fa si è spinta l’Amministrazione Comunale ad inserire nel proprio programma il “porta a porta”. Pur facendola male, la raccolta differenziata è arrivata al 50%, un risultato certamente migliorabile ma notevole se si pensa che prima eravamo al terz’ultimo posto nella provincia di Salerno. Oggi continuiamo a dare suggerimenti su come migliorare il servizio e parallelamente siamo impegnati per il disinquinamento del Sarno in rete con altre Associazioni del territorio».

Sul tema dei Beni Comuni, una delle battaglie più impegnative è quella contro la privatizzazione dell’acqua, attualmente viva. Da un incontro con Padre Alex Zanotelli nel 2003, da sempre in prima linea nella difesa dei beni comuni, si formarono i primi Comitati allo scopo di fare chiarezza sulle pratiche di gestione della risorsa idrica e allo scopo di sottrarne il controllo ad una multiservizi, GORI Spa, che già da tempo aveva messo le mani sull’acqua del comprensorio Sarnese-Vesuviano. Furono diverse le iniziative organizzate, anche in visione del Referendum popolare che si sarebbe tenuto nel 2011: biciclettate, flash mob, banchetti in piazza, cortei, convegni. In rete con altri gruppi, il merito della Bottega è stato soprattutto quello di aver favorito la nascita di una resistenza politica mai sperimentata prima in quei luoghi. Si sviluppò consapevolezza e contrarietà a certe logiche di gestione, tanto che, a pochi passi da Nocera, il Comune di Roccapiemonte fu l’unico dei 76 Comuni dell’area d’ambito Sarnese-Vesuviano a non cedere gli impianti idrici all’azienda privata, grazie ad un’azione di forza di alcuni attivisti che impedirono fisicamente il passaggio di consegne da parte dell’allora sindaco. La battaglia per la ripubblicizzazione dell’acqua ha avuto dei risvolti anche a livello istituzionale. Nel 2011 è nata la “Rete dei sindaci per l’acqua pubblica e gli altri beni comuni”, attualmente composta da una trentina di Comuni, per una gestione interamente pubblica del servizio idrico integrato.
Ancora la Bottega, come Comitato Antibarriera, si è sostituita alle Amministrazioni passate e attuali nel processo per la frana di Montalbino, costituendosi parte civile. La frana, avvenuta nel 2005, costò la vita a tre persone e nel processo che ne conseguì fu riconosciuta la responsabilità dei cavatori operanti sull’area. La condanna parlò di “negligenza, imprudenza e imperizia” in merito alla realizzazione di percorsi stradali e piste a servizio della cava, che avrebbero costituito pericolosi tagli orizzontali che peggiorarono le condizioni di stabilità del versante che, per ragioni naturali geomorfologiche, era già in equilibrio instabile. Il Tribunale di Nocera ha condannato i cavatori in primo e in secondo grado ma per un cavillo di notifica il processo è stato annullato ed è da rifare: «Verranno condannati di nuovo anche se nel frattempo c’è stata la prescrizione del reato di omicidio ma non quello di omicidio per frana colposa», spiegano gli attivisti. «Abbiamo scelto di partecipare al processo non per un fatto giustizialista ma perché il Comune non si è costituito parte civile. Il Comune, complice nelle autorizzazioni ai cavatori, ha preferito non costituirsi, il che è assurdo. Lo ha dovuto fare una piccola esperienza come la nostra, si è dovuta sostituire in qualche modo all’ente pubblico per difendere la montagna e i familiari delle vittime». Al di là del processo penale, negli anni è stata prodotta una grande quantità di documenti e dossier che sono serviti a diffondere un’informazione “critica” sulle problematiche territoriali. Tali studi sono confluiti nel progetto Safeland sulla riduzione del rischio idrogeologico a Montalbino, oltre ad essere stati utilizzati per i percorsi di educazione ambientale nelle scuole con un forte coinvolgimento di alunni, famiglie e docenti.


Intorno al 2005, con il sopraggiungere della crisi economica, la Bottega Tutta n’ata Storia ha dovuto riorganizzarsi. La contrazione dei consumi ha coinciso con l’ingresso dei prodotti del Commercio Equo e Solidale nella grande distribuzione. «Paradossalmente», commentano i volontari, «le piccole realtà come la nostra che negli anni 2000-2002 hanno cominciato a parlare di consumo critico, di agricoltura biologica, di sostenibilità ambientale, contribuendo alla diffusione su larga scala di questi concetti, oggi si trovano incapaci di competere con il mercato, con le grandi aziende esperte di marketing, più organizzate e con più soldi da investire». Le piccole botteghe che non hanno chiuso hanno dovuto rinnovarsi, soprattutto diversificando la gamma dei prodotti. Si sono trasformate puntando soprattutto all’economia locale, scegliendo prodotti a basso impatto ambientale e intessendo relazioni dirette con i produttori. Ad oggi la Bottega sostiene una decina di agricoltori locali, anche produttori di olio, pane, pelati. Si è aperta a progetti di economia carceraria, come il progetto “Lazzarelle”, una cooperativa di sole donne che produce caffè nel carcere femminile di Pozzuoli. Ma, allo stesso tempo, continua a sostenere il progetto di Commercio Equo del caffè del Chiapas “Tatawelo”, rinnovando l’impegno al prefinanziamento per l’anno 2018. In questo modo, la Bottega ha favorito l’incontro tra quello che Ciro definiva ironicamente e teneramente “militonto”, determinato ad appoggiare la causa Zapatista, e il moderno consumatore critico che sceglie di mangiare biologico e locale. Nonostante l’avvento dei social network rimane uno spazio fisico di condivisione e di confronto, seppure posizionato in una stradina di provincia.

Dopo la morte di Ciro, scomparso il 17 gennaio 2017, la Bottega si è riempita di nuova vitalità. Amici, volontari e conoscenti hanno mostrato la volontà di far proseguire le battaglie iniziate da Ciro insieme alla Bottega, di continuare il suo sogno di una grande comunità di persone che, senza interessi individualistici, senza compromessi e senza appoggi politici, avvii percorsi di crescita personali e collettivi per un’economia di giustizia. Si è costituita una Rete di Associazioni che regolarmente si incontra per fare proposte sulle tematiche su cui Ciro si era impegnato negli anni: “Rifiuti Zero”, beni comuni, disinquinamento del Sarno, creazione di un orto sociale – quest’ultimo forse la più grande passione di Ciro, come lui stesso mi rivelò qualche anno fa, mentre mi spiegava tecniche agricole innovative senza l’utilizzo di acqua e ci chiedevamo come sottrarre alla cementificazione terreni da mettere a disposizione della comunità. La forza di Ciro stava proprio in questo, nella sua capacità di analizzare e collegare i pezzi. Lo dimostrano i suoi studi – che la Bottega vuole raccogliere in un Centro di Documentazione – e la sua vita. Comprava locale, andava in bicicletta, compostava i rifiuti, abbracciava il mondo con un sorriso.

di Antonietta Buonomo
Fonte: Comune-info

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